lunedì 17 novembre 2008

COMA SI FA A PILOTARE UN AEREO? (parte 1)

Introduzione:
La risposta sembra semplice, diciamo che sono 3 le manovre a cui un pilota deve fare attenzione: il decollo, la crociera e l’atterraggio; praticamente sempre.
Quello che esprimo non è esaustivo per la trattazione della materia, considero queste nozioni come indicazione per pensare a pilotare. La strada migliore per imparare a volare è quella di affidarsi ad istruttori competenti e non avere fretta. Su questo tema è più quello che si scrive o che si discute di quello che si deve fare.
Mi ripete sempre un amico saggio:
"è meglio restare a terra con il desiderio di volare, che in volo con il desiderio di atterrare"

Prima di procedere è opportuno osservare e spendere due parole sulla forma della sezioni delle ali: il bordo anteriore è arrotondato, la superficie inferiore piana, quella superiore è curva per terminare al bordo posteriore che è appuntito poiché qui le due superfici terminano ricongiungendosi; questa forma è chiamata profilo alare o profilo aerodinamico.

Quando l’aereo corre sulla pista le ali dividono l’aria che si ricombina nella parte posteriore dell’ala, questo fenomeno porta ad avere 2 velocità differenti dell’aria, una normale al di sotto dell’ala e una più veloce sul bordo superiore. La maggior velocità dell’aria sulla superficie superiore fa si che si crei una minore pressione ciò fa sì che le ali tendono a sollevarsi, si sviluppa così la portanza (una specie di attrazione dell’aria sulle superfici superiori).
Alla portanza agisce in contrapposizione il peso, la prima forza spinge verso l’alto, la seconda verso il suolo; altre due forze in contrapposizione sono la spinta in avanti data dal motore ostacolata dalla resistenza dell’aria.

Quando si pilota un aereo bisogna tenere presente la particolarità dell'effetto continuato dei comandi e cioè che i comandi dell'aereo, la cloche o la barra di comando, non deve essere utilizzata come il volante dell'automobile (essere tenuto girato per tutta la durata della curva) ma devono essere solo impostati e poi bisogna riportare i comandi al centro.

Per esempio, per effettuare un cambiamento di assetto, come in una virata, occorre impostare una nuova inclinazione, questo si ottiene agendo sulla cloche o il volantino verso il senso di virata e riportandoli al centro una volta che l’aeromobile comincia a cambiare il suo assetto, ottenuta la posizione desiderata, per riportare l'aereo in volo orizzontale occorre agire in senso opposto sui comandi, (stoppare l’azione con un’azione contraria) e infine centralizzarli nuovamente.

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COMA SI FA A PILOTARE UN AEREO? (parte 2)

A) IL DECOLLO:
Alla partenza un aereo deve rispondere ad una check list che definisce la predisposizione dell’aeromobile in un certo assetto.
Per decollare, cioè sollevarsi da terra, un aereo deve correre sulla pista a velocità sempre maggiore finché la portanza sviluppata dalle ali supera il peso dell’aereo e del suo equipaggio.

1) La prima azione del pilota (in questa circostanza) è quella di allinearsi a inizio pista con i flaps inseriti e dare tutto motore.
Uno strumento dà una mano al pilota è l’anemometro che gli indica la velocità VR, questo dato è una velocità tipica per ogni aereo (Velocità di rotazione), raggiunto questo valore di velocità l’aereo su comando del pilota lascia il suolo e passa da uno stato di macchina terrestre ad una macchina aerea. L’anemometro se è colorato nelle differenti sezioni indica nella sezione bianca la massima velocità con i flaps Vfe, (velocità massima con i flaps estesi) questa velocità non deve essere superata nella fase di decollo, che deve fare il pilota?:

2) Al raggiungimento della velocità di rotazione VR il pilota tira verso di se la cloche o il volantino in maniera da sollevare il muso, l’aereo d’incanto lascia il suolo e DECOLLA.
Staccate le ruote dal terreno, l’aereo è in balia delle leggi aeronautiche ed particolarmente, in questa fase per gli aerei muniti di elica, dell’effetto giroscopico la quale fa si che tutti gli aerei ad elica tendano a virare a sinistra (nel senso di rotazione dell’elica), per controllare questo fenomeno:

3) Il pilota deve correggere questa tendenza agendo sui pedali, in questo caso spingendo il pedale destro.
Giunti ad una quota di sicurezza, sempre con la velocità di decollo e con i FLAPS inseriti:

4) Il pilota deve togliere i flaps e ridurre la potenza del motore sino alla potenza di salita in assetto pulito, così facendo l’aereo continua a prendere quota con la tipica velocità di salita.
Ogni aereo ha una sua tipica velocità di salita dato dal manuale di volo è opportuno che il pilota si informi sempre prima del volo delle caratteristiche tecniche dell’aereo che pilota.
Raggiunta la quota desiderata la fase di decollo/salita sono finite possiamo passare alla fase di crociera. Non vi sarà sfuggito che stiamo procedendo sempre nella direzione di decollo senza virare e con un decollo normale.

I decolli si distinguono per 2 modi di agire che si definiscono: decollo rapido e decollo ripido. Per informazione la Vx è la velocità di salita ripida: Velocità che consente il massimo guadagno di quota in relazione alla distanza percorsa, si adotta questa velocità per superare ostacoli a fine pista o per raggiungere rapidamente una quota senza guadagnare distanza, la Vy è la velocità di salita rapida: Velocità che consente il massimo guadagno di quota nell'unità di tempo, in questo caso si guadagna distanza dall’aeroporto ma con una più lenta salita.

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COMA SI FA A PILOTARE UN AEREO? (parte 3)

B) LA CROCIERA
Si parla di volo livellato quando l’aereo avanza in maniera orizzontale, gli aerei sono progettati in modo che in volo orizzontale le ali sono inclinate di un piccolo angolo, che si chiama angolo di incidenza. A questo punto dobbiamo introdurre la definizione della parte posteriore dell’aereo: la coda. La coda si compone di piani stabilizzatori ortogonali, fissi e in parte mobili. La parte mobile della sezione verticale è chiamata deriva, questa corregge ogni tendenza dell’aereo ad imbardare, cioè a deviare di lato, mentre nel piano di coda orizzontale gli stabilizzatori mobili servono a corregge le tendenze dell’aereo a picchiare (andare verso il terreno) o a cabrare (andare verso il cielo).
In quale modo il pilota conduce l’aereo?
Per salire, scendere o virare, il pilota agisce sulle sezioni mobili dei piani stabilizzatori di coda e su altre superfici di controllo posizionate sulle ali: gli alettoni. Il comando di queste sezioni si ha attraverso le pedaliere per la deriva e la cloche o volantino per gli alettoni e gli stabilizzatori di coda.

Ritorniamo a considerare la virata, la virata è la manovra in cui è più importante la coordinazione. Per impostare una virata corretta occorre inclinare l'aereo usando gli alettoni, e farlo girare usando il timone,

1) il pilota agisce sia sulla barra che sui pedali, e agisce correttamente in modo da bilanciare con la forza centrifuga l'inclinazione in modo da avere sempre la forza di gravità apparente lungo la verticale dell'aereo, non solo per evitare di rovesciare i bicchieri sui tavolini dei passeggeri.

2) Occorre, che il pilota, cabri (salga) leggermente per compensare l'aumento di resistenza delle superfici mobili (alettoni e timone), che ridurrebbero la velocità facendo scendere l'aereo. Una volta impostato l'assetto di virata occorre centralizzare i comandi, e l'aereo procede da solo. Se si rimane con i comandi da una parte l'aereo si capovolge.

3) Per coordinare pedali e barra c'è uno strumento che aiuta il pilota, si chiama sbandometro, o pallina, che consiste in una pallina in un tubo curvo, che indica dove è rivolta la forza di gravità apparente.

Se la pallina cade all'interno della virata si è in scivolata, occorre dare più piede per avere più forza centrifuga. Se la pallina viene spinta verso l'esterno si è in derapata, occorre dare meno piede per avere meno forza centrifuga. Questo si riassume nella regola "Il piede spinge la pallina" (che va tenuta sempre al centro). Delle due situazioni descritte, la scivolata, o scivolata d'ala, è sicura e consente di perdere quota rapidamente, mentre la derapata deve essere assolutamente evitata perché può portare l'aereo in vite.Per il volo rettilineo gli aerei hanno un dispositivo particolare detto trim che consente di lasciare i comandi anche per periodi prolungati (in aria calma). I trim sono alette regolabili dal pilota poste sul bordo delle superfici di comando, che le tengono nella posizione richiesta senza fare sforzo sui comandi. Con una corretta azione sul trim il pilota può lasciare i comandi e avendo le mani libere riesce a leggere il piani di volo scrivere annotazioni sul percorso o alla meno peggio fotografare il panorama che si vede dal cielo ecc…

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COME SI FA A PILOTARE UN AEREO? (parte 4):

C) L’ATTERRAGGIO
Si può effettuare l’atterraggio in molti modi, limitiamoci al momento di descrivere un classico atterraggio su una “pista normale”. Atterrare è quella fase dove bisogna riportare l’aereo al suolo, per atterrare bisogna perdere gradualmente quota e velocità impostando un angolo di discesa che conduce alla soglia della pista.
Dal momento che siamo in crociera bisogna per prima cosa diminuire la potenza del motore, automaticamente l’aereo diminuisce di velocità e comincia a perdere quota.
A che punto velocità bisogna giungere e a quale quota?
Aiuta tutti i piloti conoscere il circuito di atterraggio, che cos’è?
Il CIRCUITO DI ATTERRAGGIO è quel percorso che l’aereo dovrebbe seguire per giungere al suolo, è composto da tre segmenti il primo è il SOTTOVENTO (parallelo alla pista ma con direzione opposta), il secondo è chiamato BASE ed il terzo segmento è il FINALE (coincide con la direzione di atterraggio).
Il circuito è definito “circuito sinistro” se tutte le virate si effettuano a sinistra, è definito “circuito destro” se le due virate si effettuano a destra.
Il pilota in queste 3 distinte fasi deve effettuare azioni differenti:

1) nel sottovento deve portare l’aereo ad un assetto ed una velocità tale da poter mettere i FLAPS, dunque la velocità deve essere nell’arco bianco e cioè inferiore alla velocità Vfe

2) in base deve ridurre la quota, riducendo la potenza del propulsore (normalmente si scende di circa 300-500 piedi al minuto è il variometro che ci indica questo dato).

3) in finale può ulteriormente ridurre la velocità aumentando l’angolo di azione dei flaps ma soprattutto deve centrare la pista con quell’angolo di discesa a cui planerebbe l’aereo a motore spento, in modo da poter atterrare anche in caso di problemi al motore. Qualche metro prima di toccare la pista il pilota deve fare la manovra di raccordo.

L’anemometro, come già detto, ha un settore o un arco bianco che al confine superiore indica la velocità Vfe, cioè la massima velocità con i flaps inseriti, mentre la velocità segnalata all’inizio dell’arco bianco è la Vso cioè la velocità minima con i flaps inseriti, Lo stallo avviene quando le ali non riescono a sostenere il peso dell’aereo per cui l’aereo perde la portanza e precipita.
L’anemometro ci indica anche quale è la velocità di stallo Vs1 che corrisponde all’inizio dell’arco verde, arco verde che indica l’arco di velocità normali a cui l’aereo può volare senza problemi, il termine dell’arco verde indica la Vmo velocità massima operativa.
Dal termine della Vmo inizia l’arco giallo la fine dell’arco giallo indica la Vne Velocità massima oltre la quale le strutture dell'aereo possono subire deformazioni permanenti e/o rotture, si è in una zona di attenzione.

Abbiamo citato le seguenti velocità:
Arco verde: Vs1 – Vmo determina le velocità di uso dei flaps
Arco bianco: Vso – Vfe determina le velocità normali di esercizio
Arco giallo: Vno – Vne. determina le velocità di attenzione

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venerdì 7 novembre 2008

QUANTO DURA IL GIORNO E LA NOTTE?

Per dare una risposta esaustiva dobbiamo sapere in che zona del pianeta terra ci troviamo; nel nostro caso siamo in ITALIA, dunque nell’emisfero boreale.

Durata del giorno identica alla durata della notte

In 2 date durante l’anno le ore di luce e di buio sono identiche in tutte le latitudini durano 12 ore ciascuna e corrispondono agli equinozi di primavera (20-21 marzo) e dell’autunno (22-23 settembre).

EQUINOZIO di Primavera: 2009, 2010, 2011 e 2012 : 20 MARZO
EQUINOZIO d’ AUTUNNO: 2009 e 2012 : 22 SETTEMBRE
EQUINOZIO d’ AUTUNNO: 2010 e 2011 : 23 SETTEMBRE

Per definire esattamente la durata “giorno” ovvero le ore di luce, dobbiamo introdurre la definizione di alba e di tramonto; l'alba comincia quando il Sole ha superato di metà l'orizzonte e il tramonto finisce quando il Sole è di metà sotto l'orizzonte. Agli equinozi, il Sole sorge all'esatto est e tramonta all'esatto ovest.

Il giorno più lungo e il più corto

La giornata più lunga per questo emisfero si raggiunge a giugno e la giornata più corta a dicembre le due date corrispondono ai solstizio estivo (20-21 giugno) e al solstizio invernale (21-22 dicembre).

La durata di luce varia a seconda del parallelo che si prende in considerazione, l’ITALIA si estende fra il 39° parallelo e il 46° parallelo.

Qualche dato italiano:
La giornata che ha la durata di luce più lunga è il solstizio estivo
A ROMA (41° 51’) il 21 giugno 2009
le ore di luce saranno di 14h e 38 minuti
Per le città fra 45° e 46°
TORINO, MILANO VENEZIA il 21 giugno 2009
le ore di luce saranno di 14h e 26 minuti

La giornata che ha la durata di luce più corta è il solstizio invernale:
A ROMA (41° 51’) il 22 dicembre 2008
le ore di luce saranno di 8h e 40 minuti
Per le città fra 45° e 46°
TORINO, MILANO VENEZIA il 22 dicembre 2008
le ore di luce saranno di 8h e 32 minuti

Ore di luce = ore di radiazioni emesse dal sole.

Alla luce di quanto sopra espresso durante l’anno si hanno due punti dove le ore di luce sono identiche alle ore di buio, un punto dove si ha il massimo di ore di luce e un punto dove si ha il minimo di ore di luce.

All’incirca avremo prossimamente questi punti di ore di luce:

Solstizio invernale: 22-12-2008 circa 8h 30min
Equinozio primaverile: 20-03-2009 12h
Solstizio estivo: 21-06-2009 circa 14h 30min
Equinozio autunnale: 22-09-2009 12h
Solstizio invernale: 22-12-2009 circa 8h 30min

Se si mettono questi punti su un grafico si inizia ad intravedere la produttività di un impianto solare, sia che sia utilizzato per produrre elettricità che calore.
Ovviamente sapere quanto durano le ore di luce in un giorno non serve solo per analizzare la produttività fotovoltaica o solare termica ma sapere ciò è alla base di molti fenomeni che in seguito ci farà comodo riprendere.
Ovviamente queste condizioni non tengono conto di molti fattori, ad esempio la presenza di montagne o colline o di altri ostacoli naturali o artificiali ecc.

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Il mercato dell’energia elettrica (parte 1)

QUALI SONO I NUMERI DEL MERCATO DELL’ENERGIA IN ITALIA?

Prima di addentrarci nelle cifre è necessario conoscere quali sono le caratteristiche della popolazione italiana (fonte ISTAT), sono una popolazione residente nel 2005 di 58.135.000 persone in 23.267.000 nuclei familiari con un numero medio di 2,5 componenti, le persone occupate sono 22.562.000 di cui 947.000 in agricoltura (4,2%), 6.940.000 nell’industria (30,76%) e 14.675.000 nei servizi (65,04%).

I componenti principali del mercato energetico possono essere riassunti sotto 3 elementi:
la produzione, il trasporto e il consumo.

PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA
La produzione è data dalle centrali elettriche, che si distinguono dalla tecnologia adottata, abbiamo quindi centrali TERMOELETTRICHE, IDROELETTRICHE, GEOTERMOELETTRICA, EOLICA e FOTOVOLTAICA.

Le principali società che in ITALIA si occupano di generare l’energia elettrica sono: GRUPPO ENEL, GRUPPO EDISON, EDIPOWER, GRUPPO ENI, ENDESA ITALIA, TIRRENO POWER, GRUPPO ERG, GRUPPO SARAS, AEM MILANO, ACEA ELECTRABEL e altri ……

La produzione come per qualsiasi lavoro, in termini fisici, ha un valore lordo e un valore netto che è dato sottraendo il rendimento e le perdite, nel caso della produzione elettrica sottraiamo anche i consumi relativi dei servizi ausiliari delle stesse centrali e l’energia destinata ai pompaggi.
(“Produzione LORDA” - rendimento, perdite, consumi ausiliari,= “Produzione NETTA”)

Un piccolo inciso per definire il pompaggio: sono quelle centrali, normalmente idroelettriche, che sfruttano il salto dell’acqua per generare elettricità: l’acqua viene raccolta in un serbatoio nei pressi della centrale ed in ore notturne (quando c’è un surplus di energia), pompano l’acqua utilizzata per riempire il serbatoio a monte.

I dati si riferiscono all’anno 2007 e sono in gigawattora GWh:
Produzione: LORDA: NETTA:
313.888 GWh 301.299 GWh
Termoelettrica 265.764 254.022
Idroelettrica 38.481 37.962
Geotermoelettrica 5.569 5.243
Eolico 4.034 4.033
Fotovoltaico 39 39

Consumi servizi ausiliari: 12.589

Dalla “Produzione NETTA” è necessario sottrarre l’energia destinata ai pompaggi così si ottiene la “Produzione NETTA destinata ai consumi” tenere conto delle importazioni (+) ed esportazioni (-) e dell’energia destinata ai pompaggi (-), così otterremo il dato della produzione netta destinata al consumo:
Produzione netta: 301.299 GWh
Energia destinata ai pompaggi: -7.653 GWh
Produzione netta destinata al consumo: 293.645 GWh

A questo punto bisogna tenere conto delle importazioni (+) ed esportazioni (-), così otterremo il dato della produzione netta destinata al consumo:
Produzione netta destinata al consumo: 293.645 GWh
Esportazione -2.648 GWh
Importazioni +48.930 GWh
Richiesta totale ITALIA: 339.928 GWh

Finalmente a questo dato sottraendo le perdite per il trasporto otteniamo l’ ENERGIA ELETTRICA CONSUMATA IN ITALIA NEL 2007:
Richiesta totale ITALIA: 339.928 GWh
Perdite: 20.975 GWh
Totale consumi Italiani: 318.952 GWh

IL CONSUMO DI ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA:

A chi è destinata l’energia elettrica in ITALIA o meglio come è suddiviso il consumo dell’energia elettrica, da TERNA abbiamo questi dati:
Agricoltura 5.659 1,8%
Industria 155.804 48,9%
Terziario 86.001 + Trazione FS 4.267 = 90.268 28,3%
Usi domestici 67.220 21,0%

Il consumo dunque può essere suddiviso al 21% per gli usi domestici e il 79% alla produzione.

L’energia destinata alla produzione, la somma dell’industria + il terziario + l’agricoltura consumano 251.731 GWh, che si possono suddividere e confrontare con la percentuale di occupati per ciascun comparto, otteniamo questi dati:
61,9% per l’industria (con il 30,76% di occupati),
35,8% per il terziario (con il 65,04% di occupati), e
2,30% per l’agricoltura (con il 4,2% di occupati).

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Il mercato dell’energia elettrica (parte 2)

LE CENTRALI ELETTRICHE IN ITALIA:

La produzione di energia elettrica si effettua con differenti tipi di tecnologie che ne stabiliscono le caratteristiche, le centrali si differenziano anche per la capacità di produzione, dalla fonte primaria utilizzata, dal tempo di avviamento ecc.. normalmente si definiscono 2 dati: 1 la potenza totale installata, 2 la produzione annua.

La potenza è espressa in MW megawatt, la produzione annua in MWh megawattora o in TWh. Una centrale elettrica di 1 MW se fosse sempre in funzione tutto l’anno produrrebbe MWh 8.760 MWh. (Produzione istantanea 1 MW x (ore totali anno (24x365=8760)) = 8760 MWh oppure 8,76 TWh)

Nel 2007 la potenza delle centrali installate in ITALIA era di 97.225 MW, cosi suddivise:

Impianti idroelettrici 21.475 MW
Impianti termoelettrici 72.239 MW
Impianti geotermoelettrici 711 MW
Impianti eolici 2.800 MW

Se riprendiamo l’esempio di cui sopra la produzione totale potrebbe essere di: 97.225 x 8760 = 851.691.000 MWh più che sufficiente a coprire il fabbisogno italiano, ma si sa gli impianti non hanno tutti la capacità di produrre al 100% sempre perché c’è bisogno di fermate per manutenzione, per gli impianti idroelettrici talvolta non c’è la portata nominale per una produzione al 100% ecc.. ecc..

Dunque la potenza installata è di 97.225 MW (megawatt) che equivale a 97,2 GW (gigawatt), questo dato è quello che normalmente si prende in considerazione quando si valuta la potenza installata nel mondo.

Ma in numeri quante sono le centrali in ITALIA?
A fine 2007 le centrali elettriche italiane ammontavano a 13.109, cosi suddivise:
Impianti Idroelettrici 2.135
Impianti Termoelettrici 1.087
Sezioni Termoelettriche 2.037
Impianti Eolici Fotovoltaici 7.850

Si può affermare che questo numero è destinato ad aumentare, specialmente per la tecnologia eolica e fotovoltaica per effetto del conto energia i cui effetti dovrebbero essere una sempre più diffusa costruzione di mini o microcentrali di produzione; ciò potrebbe contenere la costruzione di elettrodotti ad altissimo voltaggio. Questo mi da l’opportunità di illustrare lo sviluppo della rete di trasporto di energia che in ITALIA è di circa 67.300 km, che possiamo suddividere a seconda della tensione di trasporto nei 3 seguenti gruppi:
10.600 km a 380 kV
11.400 km a 200 kV
45.300 km a 120-150 kV

Per riportare ad una tensione più bassa ci sono circa 2.000 cabine primarie, la rete si estende ancora per:
300.000 km in media tensione (MT)
800.000 km in bassa tensione dei distributori (BT)
con l’apporto di circa 400.000 cabine MT/BT

Per finire ancora una domanda: ma tutta questa energia dove si consuma?
Le statistiche ci dicono che i consumi elettrici possono essere così suddivisi:
Motori 45-50 %
Illuminazione 12-15 %
Elettrodomestici 12-15 %
ICT, stand by carica batterie 4 %

In conclusione, l’energia elettrica è un bene che purtroppo si produce e si deve consumare quasi all’instante, non si può accumulare, come tutti i beni bisognerebbe non sciuparla inutilmente per cui occorre mettere al bando gli sprechi.

Ho illustrato i dati 2007 perché questa è una data storica che segna l’inizio di una vera liberalizzazione della produzione dell’energia, da quest’anno possiamo aspettarci che il numero delle centrali elettriche evolveranno in numero con una produzione di piccola taglia (vedi le centrali fotovoltaiche o le centrali minieoliche o la microcogenerazion).

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